Tra tutte le scienze che l’umanità coltiva ce n’è una, l’astronomia, che colpisce per la facilità con cui è possibile avvicinarla.
È quasi di certo un motivo di fascino: per quanto possano essere belle e interessanti – per esempio – le amebe viste al microscopio, non saranno mai affascinanti quanto un cielo stellato d’estate o un’eclisse lunare ricco di sfumature o lo straordinario, preoccupato silenzio del mondo quando c’è un’eclisse di sole.
L’uomo è un essere romantico, e chissà se non è proprio questo sentimento a portarlo ad alzare la testa, la sera, alla ricerca di un po’di bellezza e di pace e magari anche ad insinuare nel suo animo la volontà di guardare oltre, di capire, di spiegare lo spettacolo che ogni sera lo sovrasta.
E così, anno dopo anno, secolo dopo secolo in molti hanno alzato la testa, e non solo per cogliere la bellezza dell’universo!
Oggi sediamo sulle spalle di coloro che per primi hanno “letto” il cielo: i primi astronomi.
Tutta la fisica moderna si basa su uno studio sempre più approfondito e raffinato del cosmo, e l’astronomia ne è la porta principale per entrarvi in modo scientifico.
Un anno dedicato all’astronomia non è solo un riconoscimento alla volontà di Galileo nel quattrocentesimo anniversario delle sue osservazioni del cielo.
È un riconoscimento di cui ognuno di noi, di noi che abbiamo alzato gli occhi al cielo almeno una volta – anche solo per aprire la mente, dopo aver aperto il cuore –, deve sentirsi meritevole.
Meritevole, perché dobbiamo essere orgogliosi nel porci domande e nel tentare di trovare risposte sempre più complete e accurate.
Un anno dedicato all’astronomia sarà un successo se, al di là di manifestazioni, convegni o feste, riuscirà a far alzare la testa al cielo anche ad un uomo solo.
Andrea Bologna
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